Febbraio 21, 2025
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LUCCIOLE #8 - CLAUDIA FAUZIA
La newsletter di Voice Over
La storia di questa newsletter ci aiuta ad aprire nuovi varchi di immaginazione e a mettere insieme lotte politiche apparentemente distanti tra di loro. Le lenti da indossare sono sempre quelle dell’intersezionalità, ovvero la sovrapposizione - o intersezione - di diverse identità sociali e di quelle che possono essere le relative discriminazioni, oppressioni o dominazioni.
In altre parole, non si può essere femminist3, senza guardare a come razza e genere e classe sociale interagiscono per modellare le vite delle persone. Ma a questa riflessione, se ne aggiunge un’altra, quella di Claudia Fauzia - la lucciola di questo numero - secondo la quale il femminismo, se è intersezionale, deve farsi carico di quella che viene chiamata la “questione meridionale”.
Ma facciamo un passo indietro.
Cos’è l’intersezionalità? L'intersezionalità è un concetto che affonda le sue origini nel movimento femminista e antirazzista e mette in relazione i diversi fattori di discriminazione. Ogni persona non può essere definita da una sola categoria di appartenenza identitaria e le discriminazioni - genere, razza, classe - non hanno lo stesso effetto su tutte le persone perché, a seconda della combinazione di queste categorie, gli individui subiscono diversi tipi di discriminazione. Ne abbiamo scritto a lungo anche in questa newsletter.
Invece, cosa significa questione meridionale?
La questione meridionale, secondo l’analisi marxista e gramsciana, è il prodotto storico dell’unificazione italiana avvenuta in termini di subordinazione economica e politica del Sud al Nord industriale. Gramsci, ad esempio, sosteneva che l’alleanza tra la borghesia industriale del Nord e i latifondisti meridionali, una classe agraria parassitaria legata al feudalesimo, avesse mantenuto “residui feudali” e impedito di fatto la modernizzazione sociale del Sud.
Spiega Claudia Fauzia: “La questione meridionale non è solo una questione di arretratezza economica ma una questione politica e di egemonia culturale, legata ai rapporti di classe e al dominio capitalistico. È una parte delle dinamiche di colonialismo globale. E in questo senso, il Meridione è un Altro Sud da rendere simile al Nord egemonico, bianco e settentrionale”.
Abbiamo scelto la voce di Claudia Fauzia perché dentro l’immaginario che traccia - femminismo, meridionalismo, lotta di classe e alleanze dei margini - ci sono storie di resistenza dimenticate che non si conformano alla narrativa dominante del Sud ma la sfidano, dandoci la possibilità di immaginare un altro orizzonte politico e culturale.
Questa è la sua voce.
La voce di questo numero
Claudia Fauzia è un’esperta di studi di genere, formatrice e divulgatrice del femminismo terrone. Dopo una laurea in economia, esperienze di attivismo in Colombia e studi di genere a Bologna, Claudia ha intrapreso un percorso che intreccia femminismo, antimeridionalismo e giustizia sociale, da cui deriva il concetto di “femminismo terrone”. Nel 2024 ha scritto “Femminismo terrone. Per un’alleanza dei margini”, insieme a Valentina Amenta e edito da Tlon. Se ti sei persə l’intervista che le abbiamo fatto, puoi riascoltarla sulla pagina Instagram di Voice Over.
La voce di Claudia Fauzia
“Il margine è un luogo radicale di possibilità. Le piccole esperienze di comunità, ai margini di un potere, possono proporre delle alternative al potere stesso. Io penso che le persone del sud, di qualsiasi sud, in senso politico, possono proporre al sistema un modo diverso di vedere le cose”.
Quando le si chiede di presentarsi, Claudia Fauzia risponde senza esitazione “sono un’economista, laureata in studi di genere delle donne e divulgo il femminismo terrone. Questo mi descrive oggi”. Non ci sono dubbi, Claudia Fauzia, in questi anni è riuscita ad elaborare un pensiero teorico sull’intersezione tra questioni femministe e questioni geografiche, offrendo un’innovativa e necessaria prospettiva femmista e decoloniale sul Meridione. Tutto ha inizio da un post sui social in cui scrive “Il femminismo, se è intersezionale, deve farsi carico della questione meridionale”. Negli anni il lavoro di studio, ricerca, militanza e divulgazione si espande e confluisce nel libro Femminismo terrone. Per un’alleanza dei margini, scritto a quattro mani con Valentina Amenta, in cui le autrici rivendicano il Sud come soggetto politico attivo riconoscendo il Meridione come crocevia di storie, non solo di oppressione e sfruttamento ma anche di resistenza. “In generale tutti i Sud sono margini di un potere: ad esempio le periferie delle grandi città, i sud globali ma anche le zone rurali e interne oppure lo stesso sud Italia, periferia dell’Europa e dello Stato nazione Italia”, dice Fauzia. Per lei la questione meridionale deve essere letta all’interno delle dinamiche del capitalismo, dei rapporti di classe e della proposta radicale. “Io penso che le persone del sud, di qualsiasi sud, in senso politico, possano proporre al sistema un modo diverso di vedere le cose”.
La riflessione sul “margine come luogo radicale di possibilità” elaborata dalle autrici proviene dal femminismo afro-americano di bell hooks, secondo la quale “la marginalità è un luogo radicale di possibilità, uno spazio di resistenza. Questa marginalità, che ho definito come spazialmente strategica per la produzione di un discorso contro-egemonico, è presente non solo nelle parole, ma anche nei modi di essere e di vivere. Non mi riferivo, quindi, a una marginalità che si spera di perdere – lasciare o abbandonare – via via che ci si avvicina al centro, ma piuttosto a un luogo in cui abitare, a cui restare attaccati e fedeli, perché di esso si nutre la nostra capacità di resistenza. Un luogo capace di offrirci la possibilità di una prospettiva radicale da cui guardare, creare, immaginare alternative e nuovi mondi”.
E non è un caso che Claudia Fauzia abbia scelto di tornare a vivere a Palermo. “Sentivo dentro il bisogno di restituire le opportunità che mi sono state offerte. Era come se sentissi che l’intera comunità, non soltanto la mia famiglia, avesse fatto in modo che io potessi fare delle esperienze e arrivare dove sono ora”. E lei, proprio vivendo a Sud, propone un modo diverso di pensare, immaginare e raccontare le cose. “Ho deciso di rimanere al Sud e penso di aver rinunciato a tante cose ma ne ho anche guadagnate tantissime. Dobbiamo imparare a non guardare il Sud come un “non ancora Milano”. Si fa sempre la comparazione di un Sud che deve, in un certo modo, assomigliare al Nord. È come se la linea dello sviluppo fosse dritta e il Sud si trovasse sempre indietro. Non è così: ogni contesto, popolo, comunità ha il proprio percorso da seguire”.
E per ribaltare l’immaginario, Fauzia ci invita a leggere la geografia in modo diverso, sovvertendo proprio le gerarchie: “Invece dell’Europa, dovremmo mettere il Mediterraneo, come bacino d’acqua, al centro del discorso. La Sicilia non diventa più Sud di qualcosa ma parte di un bacino dove ci sono paesi del Nordafrica, del Maghreb, la Spagna e la Grecia”. A questa lettura della geografia, Fauzia aggiunge un altro elemento, ovvero quello delle storie, della narrazione della rappresentazione. “Il Sud è generalmente raccontato in modo bidimensionale: da un lato, è un posto in cui le persone sono inclini alla violenza, al crimine e alla mafia, come suggeriva anche Benedetto Croce quando scriveva ‘è un paradiso abitato da diavoli’; dall’altra è erotizzato, romanticizzato ed esotizzato. Ad esempio, le donne sono rappresentate come brune, formose, calde, pronte per essere prese da qualcuno. Nel momento in cui si vuole raccontare un altro Sud, ad esempio il movimento femminista oppure le rivoluzioni queer in Sicilia, in genere non ti credono. E così si crea un circolo vizioso per il quale il Sud non riesce ad uscire dalla sua rappresentazione stereotipica. Per questo la strategia è moltiplicare le rappresentazioni: io sono femminista, bisessuale, socialista ma sono profondamente siciliana. E questo lo metto nell’albero identitario al primo posto, anche in senso politico. Lo voglio sottolineare e si deve sentire il mio accento. Altrimenti continuiamo a dire che qua non c'è nulla, che il Sud è maschilista, patriarcale, omofobo, è fatto di gente parassitaria che non vuole fare niente. E non è vero. Ci sono tante altre storie di lotta e resistenza che devono essere narrate”.
Altre risorse per approfondire
Se vuoi saperne di più su femminismo e questione meridionale ti consigliamo di leggere:
- Mar Gallego - Feminismo Andaluz, per leggere un’esperienza di intersezionalità e di persone facenti parte di più realtà allo stesso tempo.
- Carmine Conelli - Il rovescio della nazione, per capire come l’idea di un Sud barbaro e arretrato trovi origine nella storia del colonialismo europeo.
- Vito Teti - La restanza, per un ragionamento sul diritto a migrare e quello a restare, e Il senso dei luoghi, per una riflessione sulla vitalità dei luoghi abbandonati.
- Franco Cassano - Pensiero Meridiano, per una rilettura del Sud come soggetto di pensiero e centro di identità ricca e molteplice.
- Alessandra Dino e Gisella Modica - Che c’entriamo noi. Racconti di donne, mafie e contaminazioni, per rintracciare nelle microstorie le radici collettive di complicità e ambivalenze rispetto alle mafie.
4 consigli dal team di Voice Over
- Il documentario “No other land”: prodotto da un collettivo israelo-palestinese, vincitore nel 2024 del premio per il miglior documentario al festival internazionale del cinema di Berlino e candidato agli Oscar.
- Il libro “Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo”, di Andrea Colamedici, Maura Gancitano, ed Harper Collins.
- Lo spettacolo “Il secolo è mobile” La storia delle migrazioni in Europa vista dal futuro di Gabriele dal Grande.
- Il libro “Tecnologia della rivoluzione: Progresso e battaglie sociali dal microonde all’intelligenza artificiale”, di Diletta Huyskes, che intreccia teoria e storie di vita per fornirci un altro sguardo sulle nuove tecnologie, e sui vari modi in cui le possiamo usare.