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lucciole
Luglio 12, 2024
NEWSLETTER

Lucciole #5 - Viola Carofalo

La newsletter di Voice Over

In questo numero, ti raccontiamo un’altra storia di impegno politico, di militanza e di partecipazione attiva contro lo sfruttamento e contro diverse forme di oppressione. Prima di presentarti la lucciola di questo mese, partiamo però dalla definizione di alcuni concetti centrali: lotta di classe e classi dominanti. 

La lotta di classe è un concetto chiave nella teoria marxista, che descrive il conflitto di interessi tra le diverse classi sociali, soprattutto tra lavorator3 e proprietari3 dei mezzi di produzione. Questa dinamica è ancora presente nelle società moderne a causa delle persistenti disuguaglianze economiche e di potere. 

Le classi dominanti sono tipicamente quelle che possiedono le risorse economiche e il controllo politico, come grandi imprenditori, industriali, alti dirigenti e i loro alleati politici, più in generale le élites economiche e industriali che influenzano le politiche a loro vantaggio.

Ma perché è ancora importante parlare di lotta di classe? 

Semplicemente perché la lotta di classe esiste e oggi a condurla sono soprattutto le classi egemoni dominanti. Oggi, infatti, le diseguaglianze economiche continuano a crescere e vi è una forte concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di una ristretta élite. 

Numerosi report e studi dimostrano come questa concentrazione di potere corporativo e monopolistico a livello globale stia esacerbando la disuguaglianza, comprimendo i diritti dei lavoratori, privatizzando sempre più gli Stati, alimentando il collasso climatico ed eludendo le tasse, quindi privando ancora di più i cittadini di servizi e diritti fondamentali. 

Dal 2020, i cinque uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato le loro fortune. Nello stesso periodo, quasi cinque miliardi di persone sono diventate più povere. Sette delle dieci maggiori aziende mondiali hanno un CEO miliardario o un miliardario come principale azionista. 

In Italia, secondo uno studio congiunto della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Milano-Bicocca, pubblicato dalla rivista scientifica Journal of the European Economic Association, “l’1% più ricco del Paese detiene circa il 12% del reddito nazionale, cioè una media di 310 mila euro all’anno, ottenuti soprattutto da redditi finanziari, profitti societari e redditi da lavoro autonomo, in gran parte derivante dal ruolo di amministratori societari”. In particolare, i 50 mila italiani che compongono lo 0.1% più ricco del Paese detengono il 4.5% del reddito nazionale con entrate medie superiori al milione di euro annuo, cifra che potrebbe essere raggiunta dal 50% più povero soltanto risparmiando l’intero reddito per 76 anni”. 

Insomma, le classi dominanti continuano ad accrescere la loro ricchezza e, al tempo stesso, esercitano un'influenza sproporzionata sulla politica e l'economia, plasmando leggi e regolamenti a loro vantaggio. Questo squilibrio di potere perpetua condizioni di ingiustizia e alimenta tensioni di classe. 

La domanda da porsi, forse, è un’altra. L3 sfruttat3 e l3 oppress3 vogliono partecipare a questa lotta o la vogliono continuare a subire? E soprattutto come si fa a riportare al centro del dibattito pubblico la lotta di classe? 

Non esiste una ricetta, ci avvisa subito Viola Carofalo, la protagonista di questa newsletter, e anzi, tutti gli strumenti - dalle manifestazioni in piazza ai post su instragram, dal mutualismo al voto - possono essere utili, se presi in modo laico e pragmatico. È però necessario riappropriarsi di parole, narrazioni e pratiche, tornando a incontrarsi, conoscersi e attivarsi a livello territoriale, ricostruendo un’identità di classe tra l3 sfruttat3 e l3 oppress3. 

Questa è la sua voce. 

Grazie per essere qui con noi.


La voce di questo numero

Viola Carofalo è da sempre una militante nella galassia della sinistra radicale e attivamente impegnata nel mondo dei centri sociali. Dal 2005 fa parte del collettivo politico dell'Ex OPG Je so' pazzo di Napoli ed è stata la portavoce del movimento politico Potere al popolo dalla sua fondazione nel 2017 fino al 2021. Oggi insegna Filosofia Morale presso l'università degli studi di Napoli L'Orientale. Puoi riascoltare la sua intervista anche nella pagina instragram di Voice Over Foundation. 


La voce di Viola Carofalo 

Quando ci comprimono, ci tolgono un diritto, ci discriminano, loro stanno facendo la lotta di classe, quindi la lotta di classe c’è e la stanno facendo le classi padronali. Il problema è se vogliamo partecipare in questa lotta come classe in svantaggio”.

Parla veloce, quasi senza pause, ma prestando attenzione alla scelta di ogni parola. A partire dalla prima plurale: “noi”. Un noi che Viola Carofalo ha conosciuto fin da ragazza quando, ancora tredicenne, inizia a partecipare in diversi movimenti associativi ed extra parlamentari a Napoli, la sua città, fino ad arrivare alla prima esperienza elettorale a 37 anni con Potere al Popolo. Il suo percorso di militanza politica si lega indissolubilmente a quello dell’'Ex OPG Je so' pazzo, uno spazio di comunità, mutualismo e di lotta contro ogni forma di sfruttamento e oppressione, nato da una ex struttura conventuale, l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, trasformato da luogo di sofferenza in una delle più significative esperienze politiche della città. 

Non c’è una classifica di purezza tra gli strumenti da utilizzare per la lotta e la mobilitazione. Il mutualismo è uno strumento, le manifestazioni un altro, i social un altro ancora ma non bisogna essere moralisti. Bisogna essere pragmatici”, dice con schiettezza, “La lotta di classe c’è e le classi egemoni la stanno facendo contro noi spossessati. Il problema è se vogliamo partecipare come classe svantaggiata. E se vogliamo farlo, vanno usati tutti gli strumenti efficaci”. 

Ma, accanto agli strumenti, sono necessari gli spazi fisici di incontro sui territori, tiene a precisare. “Non demonizzo la rete, anzi, è una risorsa ma non mi immagino una politica organizzata senza un riferimento fisico o territoriale, fatto di sedi, di luoghi dove incontrarsi, conoscersi, organizzarsi e avere un intervento diretto sul territorio più prossimo”, chiarisce. 

Per Carofalo, infatti, il luogo fisico aiuta a sedimentare il livello di organizzazione delle manifestazioni. Perché permette di non ricominciare ogni volta da capo. Cita con stima e ammirazione le mobilitazioni per la liberazione della Palestina, quelle del settore operaio della logistica o dell’ex GKN, fabbrica occupata dagli operai dopo la manovra speculativa fatta dalla multinazionale inglese, ma si domanda, “cosa viene dopo? Come possiamo evitare che le mobilitazioni e le parole riacquisite o reinventate durante queste lotte si disperdano?”. 

Ecco, allora, il terzo ingrediente: il recupero e la creazione di un nuovo linguaggio, di idee e di narrazioni per raccontare la lotta di classe, riscoprendo innanzitutto l’identità. “Penso che sia importante riportare la politica su questa doppia dimensione e costruire un’identità di classe di sfruttat3 e di oppress3, cambiando lo sguardo che abbiamo sul mondo. Dobbiamo guardare le cose e chiederci ‘da che parte sto? Dove sono i miei? Chi sono i miei? È molto difficile capirlo perché questo implica un’analisi su quali sono le questioni più importanti per me. I miei sono quelli che mi assomigliano? O che parlano la mia lingua? O che condividono delle battaglie di genere? Ecco per me i ‘miei’ sono il campo largo ovvero l3 oppress3 e l3 sfruttat3”. 

Strumenti, pratiche, spazi fisici e narrazioni quindi. Non è una ricetta perfetta e mai lo sarà ma sono elementi che Carofalo prova a cucire insieme come un patchwork colorato fatto di tessuti diversi. Il filo però che tiene insieme questi pezzi di stoffa è il lavoro, il tema più importante e quello più abbandonato. 

Se non hai i diritti minimi, come puoi pensare di mobilitarti su altro? Non voglio sminuire altre lotte che hanno a che fare con la rappresentazione simbolica, culturale o ecologica ma se non posso mangiare, come faccio ad essere soggetto autonomo? Questo elemento materiale è dirimente per tutt3, per i soggetti razzializzati, per chi è discriminato in base al genere, per i poveri. E quindi il lavoro e la lotta per il salario minimo sono le battaglie decisive da riportare al centro. Penso al caso della mia città che sta subendo un processo di gentrificazione e turistificazione che ci sta sfrattando dal centro urbano. Ecco per me questa non è un’occasione di riscatto, questo è impoverimento di una parte della città. Poi un’altra parte della città e del mondo, perché dietro ci sono spesso multinazionali, si arricchisce. E allora è necessario chiedersi ‘ma tutta questa ricchezza che si produce in quali tasche finisce? Le persone hanno un contratto? Sono pagate il giusto? Ecco, parlare di lavoro significa quindi parlare di altre mille cose, di gentrificazione, di ambiente e di genere”. 

Forse ha ragione Viola Carofalo quando dice che la ricetta non esiste ma forse qualche ingrediente giusto già c’è. E il lavoro è uno di questi. 


Approfondisci con noi

Se vuoi saperne di più su capitalismo, lotta di classe e reddito universale ti consigliamo di recuperare gli articoli che Alessandro Sahebi ha scritto per la nostra rivista online. In particolare l’articolo sul reddito di base universale, quello sui super ricchi, l’intervista di Alessandro a Sarath Davala, sociologo indiano e presidente di Basic Income Earth Network e l’approfondimento sulla diseguaglianza, una vera e propria tassa sulla mente.  


Altre risorse utili

Da leggere: 

Non è lavoro, è sfruttamento”, di Marta Fana

Le grandi dimissioni”, di Francesca Coin 

Basta salari da fame!”, di Marta Fana

Manifesto per il reddito di base”, di Federico Chicchi e Emanuele Leonardi


Da vedere:

E tu come stai?”, sulla lotta degli operai della ex Gkn

Sorry we missed you”, di Ken Loach 

The old oak”, di Ken Loach


Alla prossima! 

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