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foto profanazione razziale
Settembre 20, 2023
Giustizia Sociale

La profilazione etnica è presente in Italia ma mancano dati e statistiche

Approfondimento di Adil Mauro

Non ci stiamo inventando nulla, questo problema esiste e ogni giorno incide sulle vite di tantissime persone in Italia”. Shahzeb Mohammad, segretario dell'associazione Cittadini del mondo di Ferrara e coordinatore del Progetto Yaya, non ha dubbi: la profilazione etnica, o razziale, è presente anche nel nostro Paese.

Questa pratica effettuata dalle forze dell’ordine può consistere in operazioni di controllo, di sorveglianza o d'indagine nei confronti di individui o gruppi specifici sulla base di pregiudizi fondati sul colore della pelle, sulla lingua, sulla religione, sulla nazionalità o sull’origine etnica.

La profilazione etnica non è una “percezione” delle persone o dei gruppi coinvolti, così come i singoli episodi che ogni tanto arrivano all'attenzione dell'opinione pubblica – vedi il caso del calciatore Tiemouè Bakayoko fermato e perquisito dalla polizia l'estate scorsa a Milano – non rappresentano incidenti isolati ma, come ricorda l’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, ASGI, “delineano un quadro di razzismo sistemico che viola il principio di non-discriminazione sancito dall’articolo 3 della Costituzione e vari obblighi internazionali”.

Come spiega sempre ASGI “l’Italia ha ratificato ed è vincolata dalla Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Secondo la Raccomandazione Generale n. 36 del 2020 del CERD, il Comitato per l'Eliminazione delle Discriminazioni Razziali che ne sorveglia l’implementazione, dalla Convenzione deriva l’obbligo per gli Stati contraenti 'di rivedere le loro politiche, leggi e regolamenti al fine di garantire che la profilazione razziale non si verifichi e non sia facilitata e di adottare attivamente misure per eliminare la discriminazione attraverso leggi, politiche e istituzioni'”.

Per contrastare la profilazione etnica è essenziale parlarne pubblicamente, ma servono anche dati aggiornati per andare oltre le sole notizie di cronaca su fermi e abusi delle forze dell'ordine contro le persone razzializzate. L'unico materiale istituzionale che riguarda anche il nostro Paese è lo studio “Essere neri in Europa”, realizzato dalla European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) nel 2018. Tra le persone fermate nei 12 mesi prima del sondaggio, il 70% del campione italiano riteneva che l'ultimo fermo fosse dovuto a motivi razziali. La ricerca è stata condotta tra il 2015 e il 2016 attraverso interviste mirate a quasi seimila afrodiscendenti in dodici diversi Paesi, Italia inclusa.

Mohammad fa parte anche di Occhio ai media, gruppo nato nel 2010 all'interno di Cittadini del mondo. Si tratta di una redazione che segnala gli articoli discriminatori nei confronti delle minoranze etniche nella stampa.

Il tema dell’ethnic profiling è stato affrontato per la prima volta dagli attivisti e dalle attiviste ferraresi con il video di interviste del 2019 intitolato “Occhio al profilo etnico”, dove si contrappone la consapevolezza di ragazzi bianchi che non sono soggetti a questo tipo di pratica alle esperienze vissute da ragazzi di diverse origini straniere e con differenti colori della pelle. Il progetto ha poi subito una sospensione temporanea a causa dell’emergenza legata alla pandemia Covid-19. 

“Nel 2019 e nel 2020 abbiamo fatto due monitoraggi dei media, notando subito la frequenza con cui venivano prese di mira le persone non bianche durante i controlli delle forze dell'ordine”, dice Mohammad. “Il focus del nostro lavoro all'epoca però non era sulla profilazione etnica. Volevamo parlare della zona GAD, un quartiere multietnico di Ferrara intorno alla stazione ferroviaria descritto spesso dalla stampa come problematico. Dopo la realizzazione di un documentario sulla zona GAD, per mostrare come si vive davvero in quell'area e non come viene raccontata dai media, ci siamo concentrati sul tema della profilazione etnica. Prima ci siamo documentati e in un secondo momento siamo arrivati alla collaborazione con il dipartimento di antropologia dell’Università Goldsmiths di Londra. Da lì è partito il progetto, con la consapevolezza che l'unico modo per mostrare il problema è raccogliere le testimonianze delle persone che vivono questa pratica sulla loro pelle”.

Il nome del progetto è un omaggio a Yaya Yafa, giovane guineano di 22 anni residente a Ferrara. Il 21 ottobre del 2021 ha perso la vita al terzo giorno di lavoro all'Interporto di Bologna. Dopo la sua morte un gruppo di amici, insieme a Cittadini del Mondo, ha costituito il Coordinamento per Yaya. Questo tragico evento ha reso ancora più urgente la necessità di agire contro le discriminazioni che colpiscono le persone razzializzate. Da una prima raccolta di testimonianze di persone che hanno avuto esperienze di profilazione etnica ha iniziato a prendere forma il progetto intitolato alla memoria di Yaya.

Gli attivisti e le attiviste del Coordinamento per Yaya, Occhio ai media e Cittadini del mondo – con il patrocinio del Goldsmiths College di Londra – hanno organizzato e partecipato durante la prima metà del 2023 a workshop tra Ferrara e Londra.

Il 28 aprile 2023 si è tenuta la prima conferenza internazionale, presso il dipartimento di giurisprudenza dell'Università di Ferrara, sulla profilazione etnica con la partecipazione del gruppo di monitoraggio londinese Account Hackney. Il giorno seguente, presso la sede dell’associazione Cittadini del Mondo, si è tenuto un dibattito sulla profilazione razziale e un confronto tra la situazione italiana e quella inglese.

La collaborazione e condivisione di buone pratiche con altre realtà nazionali e internazionali è forse l'aspetto più importante del Progetto Yaya, come sottolinea Robert Elliott, cittadino inglese che da quarant’anni vive a Ferrara e uno dei fondatori dell'associazione Cittadini del Mondo.

“L'obiettivo della conferenza internazionale del 28 e del workshop del 29 aprile che abbiamo organizzato a Ferrara era quello di lanciare il dibattito sulla profilazione razziale in Italia”, afferma Elliot. “Credo che ci siamo riusciti in una maniera molto solida e concreta. Il cuore di queste due giornate sono stati i discorsi dei membri di ACCOUNT. Yolanda Lear, una delle attiviste del gruppo londinese, ci ha raccontato che inizialmente, quando partecipavano agli incontri programmati dalla polizia per gestire le tensioni fra la comunità e le forze dell'ordine, non venivano presi sul serio. L'unico modo per non essere più trattati in quel modo è stato presentarsi con statistiche e dati. Credo che per le poche realtà che seguono la questione della profilazione razziale in Italia sia stato un momento molto importante ascoltare queste testimonianze. Ci auguriamo di aver gettato le basi per la nascita di una rete che si occupi della questione e dia alle persone razzializzate il sostegno necessario”.


Fotografia di Luca Greco.

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