Aprile 24, 2024
Giustizia Climatica
Perché le cause per il clima possono frenare gli inquinatori e trasformare la società
Approfondimento di Stella Levantesi
La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha stabilito che la mancanza di politiche climatiche adeguate dei governi viola i diritti umani fondamentali: è una sentenza storica. Per la prima volta, infatti, la Cedu si è espressa a favore di un gruppo di donne svizzere riconoscendo il diritto alla protezione climatica come un diritto umano.
Le Klima Seniorinnen, un gruppo di 2400 donne anziane svizzere, sostengono che la Svizzera dovrebbe fare la sua parte per attenuare la crisi climatica, in particolar modo sottolineando che le donne anziane hanno maggiori probabilità di morire a causa delle ondate di calore, più intense e frequenti per il riscaldamento globale.
Il tribunale ha stabilito che le autorità svizzere non hanno elaborato una strategia sufficientemente efficace e tempestiva per ridurre le emissioni.
“[Quella della Cedu] è stata un’importante sentenza che, in qualche modo, ha rimandato ai giudici nazionali il compito di esprimersi su queste tematiche, e riteniamo che questa decisione rafforzi la necessità che i giudici a livello nazionale assumano il compito di esprimersi quando queste istanze vengono portate a giudizio dalla cittadinanza”, ha spiegato a Voice Over Foundation Marica di Pierri, portavoce e responsabile ricerca della ong A sud.
La Corte di Strasburgo ha respinto altre due cause, quella di un sindaco francese contro la Francia e quella di un gruppo di giovani portoghesi contro 32 Paesi europei detta “caso Duarte”, dal nome di uno dei giovani ricorrenti.
“Sembra un risultato misto, perché due dei casi erano inammissibili”, ha dichiarato Corina Heri, ricercatrice di diritto presso l’Università di Zurigo. “Ma in realtà è un grande successo”.
Le cause per il clima aumentano
Le cause legali per il clima sono uno strumento strategico, infatti, non solo per spingere l’azione climatica e affrontare la risposta inadeguata sul clima di Stati e governi ma anche per responsabilizzare e fare pressione sulle aziende che contribuiscono al riscaldamento globale e alla distruzione degli ecosistemi.
Le cause per il clima oggi sono in aumento e, secondo un rapporto annuale dell’Unep, le persone si rivolgono sempre più ai tribunali per combattere la crisi climatica: i bambini e i giovani, i gruppi di donne, le comunità locali e le popolazioni indigene, tra gli altri, stanno assumendo un ruolo sempre più importante nell’intentare cause e spingere all’azione in un numero sempre maggiore di Paesi in tutto il mondo.
“Oggi stiamo assistendo a un’ampia gamma di azioni legali legate al clima, dalla responsabilità civile alla protezione dei consumatori ai diritti umani. Insieme, queste azioni legali rappresentano una delle aree più interessanti dell’azione per il clima oggi”, ha spiegato a Voice Over Foundation Benjamin Franta, Senior Research Fellow per la Climate Litigation presso l’Oxford Sustainable Law Programme dell’Università di Oxford e fondatore del suo Climate Litigation Lab, un centro di ricerca sulla litigation per il clima.
Fino a dicembre 2022, sono state depositate 2.180 cause relative al clima in 65 giurisdizioni, tra cui tribunali, corti internazionali e regionali, e altri organismi giudiziari. È un aumento costante rispetto agli 884 casi del 2017 e ai 1.550 casi del 2020.
Sebbene le cause negli Stati Uniti rappresentino ancora la stragrande maggioranza delle cause a livello globale, la percentuale complessiva di cause al di fuori degli Stati Uniti d’America è anch’essa in aumento. Escludendo i casi negli Stati Uniti, infatti, l’Europa è la regione con la più alta percentuale di casi, con il 31,2%. Mentre la regione Oceanica, con l’Australia, rappresenta il 23,2% dei casi. Il Sud America ha il 9,5% dei casi. L’Asia e l’Africa hanno la rappresentanza più bassa, rispettivamente con il 6,6% e il 2,3%. Secondo il rapporto, alcune regioni rimangono sottorappresentate a causa delle lacune nella ricerca attuale.
La climate litigation in Italia
Anche in Italia stanno emergendo nuove cause climatiche. Nel 2019, più di 200 ricorrenti tra singoli e associazioni hanno lanciato la campagna Giudizio universale che ha depositato nel giugno 2021 la prima causa climatica contro lo stato italiano.
A marzo 2024, la causa si è chiusa con una pronuncia di inammissibilità da parte del giudice. “Il tribunale italiano ha deciso di non decidere quindi ha detto di non avere competenza, di non avere giurisdizione per decidere, e questa decisione è ancor più contestabile dopo la sentenza di due giorni fa della Cedu di Strasburgo”, ha sottolineato Di Pierri.
Valori riferisce che il team legale della Rete Legalità per il clima che ha seguito la causa sostiene che “la sentenza, per un verso, si pone palesemente in contrasto con la Carta dei Diritti fondamentali dell’Ue e con la Cedu” e “per altro verso, è anche contraddittoria, perché, da un lato, riconosce la gravità e urgenza letale dell’emergenza climatica, dall’altro, però, statuisce che in Italia non esisterebbe la possibilità di rivolgersi a un giudice per ottenere tutela preventiva contro questa situazione, nonostante siffatta tutela sia stata riconosciuta dalla Corte costituzionale”. “Pertanto, sussistono tutti i presupposti per impugnarla”, aggiunge.
Secondo Di Pierri, “si tratta di una di una occasione persa per il nostro Paese. Dove si trova il nostro Paese? La decisione ci fa pensare che in qualche modo l’Italia si situa in retroguardia rispetto ad altri casi europei”, ha aggiunto.
A maggio 2023, Greenpeace Italia e ReCommon hanno annunciato una causa contro Eni sostenendo che l’azienda ha usato “lobbying e greenwashing” per spingere la produzione di combustibili fossili nonostante fosse a conoscenza fin dal 1970 dei rischi per il clima che i propri prodotti comportano. I due gruppi hanno basato la causa su un’analoga causa intentata nei Paesi Bassi contro la compagnia petrolifera Royal Dutch Shell per costringere la compagnia a ridurre le proprie emissioni di carbonio del 45% entro il 2030.
In tribunale contro le aziende inquinanti e il greenwashing
Nella climate litigation globale, mostra il rapporto di Unep, ci sono delle tendenze incentrate in particolare su alcuni aspetti: l’uso dei “diritti climatici” nelle cause sul clima, l’applicazione della legge a livello nazionale, evitare l’estrazione dei combustibili fossili e lasciare il carbonio sotto terra, la responsabilità delle aziende, la divulgazione delle informazioni sul clima e il greenwashing, e il mancato adattamento climatico e gli impatti dell’adattamento. Uno dei filoni legali in crescita, infatti, riguarda proprio il greenwashing e il marketing ingannevole delle aziende.
A marzo 2024, una corte olandese ha stabilito che la pubblicità della compagnia aerea KLM è ingannevole e illecita. Secondo la decisione della corte, la compagnia aerea olandese ha ingannato i consumatori con vaghe dichiarazioni ambientali e ha dipinto “un quadro eccessivamente roseo” del suo carburante per l’aviazione sostenibile. Anche questa sentenza è considerata una decisione storica per quanto riguarda le cause legali sul clima.
Secondo alcuni ricercatori del Climate Social Science Network statunitense, le prime azioni legali contro il greenwashing riguardavano aziende che commercializzavano prodotti inquinanti presentandoli come sostenibili per promuovere la percezione di essere aziende “verdi”. Anche oggi, molte cause legali sono intentate sulla base del fatto che le campagne di marketing di un’azienda, per esempio, sono fuorvianti e ingannano i consumatori e gli azionisti, oppure ne sovrastimano l’impegno reale per la protezione climatica e ambientale. Il divario tra quello che un’azienda promuove e i suoi impegni climatici reali, scrivono i ricercatori, può essere definito climate washing.
“Un decennio fa, le climate litigation rientravano ancora in larga misura nell’ambito del diritto ambientale tradizionale. Oggi, vediamo un’enfasi molto maggiore sulla responsabilità delle aziende, basata su prove recentemente scoperte che le Carbon Majors, ovvero le maggiori compagnie di gas e petrolio, avevano capito i danni del riscaldamento globale dei loro prodotti decenni fa, e poi hanno nascosto queste informazioni al pubblico. Stiamo anche assistendo a una crescita costante delle azioni basate sui diritti umani, dato che le implicazioni del cambiamento climatico per i diritti umani sono sempre più riconosciute”, ha spiegato Franta.
Anche secondo il rapporto del Grantham Research Institute (Gri) della London school of economics (Lse) emerge che in molti i casi le cause sono intentate contro aziende del settore privato, spesso in collaborazione con realtà governative, e non è un caso che le aziende di combustibili fossili siano quelle coinvolte più frequentemente.
Tra le altre cose, le cause contro le aziende contestano affermazioni ingannevoli sulla propria attività, l’occultamento dei piani di investimento in progetti ad alta intensità di anidride carbonica, la mancata adesione alle normative ambientali e climatiche, e l’accusa di aver nascosto intenzionalmente informazioni e dati sul proprio contributo di emissioni e il proprio ruolo nella crisi climatica.
Il potere delle cause climatiche
Le cause climatiche hanno un ruolo cruciale nell’arsenale per combattere il caos climatico. “I tribunali sono in una posizione unica per chiedere conto alle industrie potenti, compresa quella dei combustibili fossili”, ha detto Franta. Il rapporto Gri, infatti, parla anche di cause “strategiche”, quelle che hanno l’obiettivo finale di portare a una “trasformazione della società”.
“Dopo decenni di progressi inadeguati, la litigation climatica è una delle strade più promettenti per chiedere conto agli inquinatori, combattere la disinformazione, proteggere i diritti umani e ridurre l’inquinamento da carbonio”, ha dichiarato Franta. La litigation climatica, inoltre, può avere anche un impatto sulle azioni delle aziende.
Un altro studio del Grantham Research Institute, infatti, esamina la reazione del mercato azionario dopo la notizia di una nuova causa climatica e conclude che le cause climatiche rappresentano anche un rischio finanziario per le aziende produttrici di combustibili fossili perché abbassano il prezzo delle azioni dei grandi inquinatori. Anche se modesto, i ricercatori concludono che il calo del valore dei grandi inquinatori è statisticamente significativo e dovuto alle cause legali.
“Prima non sapevamo se i mercati fossero interessati dalle cause climatiche”, ha dichiarato al Guardian Misato Sato, autore principale dello studio. “È la prima prova a sostegno di ciò che si sospettava in precedenza: che le aziende inquinanti, e in particolare le Major del carbonio, devono ora affrontare il rischio di cause legali, oltre al rischio di transizione e a quello fisico”. Poi, ci sono impatti che riguardano anche il rapporto tra le cause e le politiche climatiche.
“Ci sono molti casi in cui i giudici, le giudici, le corti hanno riconosciuto le domande portate in giudizio e, secondo alcune analisi, laddove vengono promosse litigation climatiche anche in assenza di una pronuncia espressamente favorevole alle richieste, si assiste comunque ad un miglioramento delle politiche climatiche anche in ragione della pressione dell’opinione pubblica e dei media,” ha spiegato Di Pierri.
“Queste sono evidenze parziali ma ci indicano che comunque [la litigation] è uno strumento utile in questo senso perché si somma alle altre forme di pressione, come mobilitazioni e advocacy, nel chiedere di fatto l’aumento delle ambizioni climatiche e il miglioramento delle politiche di riduzione delle emissioni climalteranti”.