Dicembre 29, 2021
BLACKNESS
La musica è la mia arma per difendere i diritti
La voce di Luca Neves, intervistato da Sara Manisera, FADA Collective
Blackn[è]ss fest è il primo festival in Italia che propone una rielaborazione dell'universo afrodiscendente in Italia. Eventi e tavole rotonde per riflettere sul concetto di nerezza, secondo un percorso di decolonizzazione del linguaggio e per discutere di temi come gli effetti sulla salute mentale della profilazione razziale, la discriminazione, il razzismo ma anche la musica, il cinema, i media e la rappresentazione.
Voice Over Foundation ha scelto di accompagnare il festival in questo percorso e di raccontarlo per tutto l'anno, attraverso le voci di chi ne è protagonista.
Intervista a Luca Neves, musicista e chef.
D: Ti puoi presentare, chi sei e di cosa ti occupi?
R: Mi chiamo Luca Neves, sono nato a Roma nel 1988 da genitori immigrati, arrivati in Italia tra gli anni '70 e gli anni '80 da Capoverde. Ho fatto tutti i miei studi in Italia e ho iniziato a scrivere musica fin da giovane per raccontare ciò che mi succedeva. Mia madre mi ha sempre spinto a fare qualcosa che mi facesse lavorare, così sono diventato chef grazie a lei e oggi, quindi, faccio musica alternandola con la cucina perché per me sono come una medicina. Ritornando indietro alla mia storia, come tutti i figli di immigrati, all'età di 18 anni, sono andato a chiedere la cittadinanza. Per recuperare però l'estratto di nascita a Roma i tempi burocratici sono molto lunghi perciò ho ritardato di un mese la consegna di tutti i documenti e per questo mese di ritardo non ho potuto ottenere la cittadinanza italiana. Ho deciso di fare ricorso, a differenza di altri che si sono accontentati del permesso di soggiorno perché ho sempre pensato che quello fosse un mio diritto e che me lo stavano vietando. Nonostante tutte queste ingiustizie, ho portato avanti la mia vita, lavorando sempre in nero, per datori di lavoro che si sono approfittati del fatto che non avessi i documenti e quindi mi hanno sempre pagato di meno. E infatti uno dei miei sogni è pagare le tasse. Da qualche anno, ho iniziato a fare le cose in proprio con un catering a domicilio dove unisco la cucina italiana con quella capoverdiana. Non è una vita facile, ho avuto una paresi proprio per lo stress legato alla mia condizione ma ogni giorno provo a ricordarmi che sono una persona con una dignità e voglio rispettare il sacrificio e il tanto sangue sputato da mia madre per darmi un quaderno e una penna.
D: Per te la musica significa impegno sociale. Perché è importante inserire determinate battaglie nella musica?
R: Perché non ci ascolta nessuno. Perché nella vita facciamo il cuoco, l'imbianchino, il meccanico ma nessuno ci rappresenta. E allora per me la musica è diventata l'arma più grande per proteggere i miei diritti e i diritti di tanti altri. Non parlo solo dei miei problemi perché anche gli altri vivono lo stesso inferno che vivo io, diciamo che la musica mi aiuta a mettere su carta ciò che vivo e vivono gli altri. La strofa "Ninna nanna sottovoce per non disturbarli", tratta dal mio pezzo "Sono nato qua" e scritta da Amir Issaa è riferita alla mia storia, a quella di mia madre che mi culla senza disturbare l'italiano. Con la musica si sono mosse tante cose ma ancora oggi la mia vita è complicata. Come diceva mia madre, però, se ti butti giù stai levando tempo per risolvere i problemi. Ed è questa l'eredità della mia mamma, non i soldi, ma questa forza qui.
D: Ecco, entriamo dentro il Blackn[è]ss fest. Cosa rappresenta per te questo festival? Qual è la tua opinione sulle diverse anime che ne fanno parte?
R: Mi sono completamente innamorato di Blackness. Dal nulla hanno tirato su una cosa senza precedenti, ho conosciuto persone che vogliono fare compattezza ed è una realtà unica in Italia. In generale io sono molto aperto ad allargarsi anche se fino ad oggi siamo stati esclusi, quindi di cuochi neri, di avvocati neri non se ne è mai parlato, per esempio. Penso sia necessario, però, evitare di cadere nella ghettizzazione ma condivido la necessità di avere uno spazio sicuro.
D: Quali sono i progetti per il futuro?
R: C'è un progetto musicale in uscita che si chiama "Documento", sono sette tracce e in questo album c'è anche la canzone San Gennaro, in cui racconto del giorno in cui sono finito in cella senza motivo e questa canzone parla della mia forza, del mio spirito e di San Gennaro che mi sussurra e mi dice "andrà tutto bene". Questo è un progetto che porto avanti da oltre 15 anni. Oltre alla musica, c'è la cucina e sto tornando con i panettoni mango e cioccolato ma tutta una serie di difficoltà è legata all'assenza di documenti. C'è un hotel che vorrebbe assumermi ma sto aspettando il permesso di soggiorno che dovrebbe arrivarmi a marzo. Questa cosa ovviamente mi frustra molto, ho la pressione molto alta e ho avuto una paresi al volto a causa dello stress. Però le ultime analisi sono andate bene, quindi speriamo che partendo dalla salute tutto vada meglio.
Photo credits: Francesco Pistilli